La lombalgia ha afflitto l’uomo almeno fino dall’età del bronzo.
Il Papiro Edwin Smith, il più antico trattato di medicina giunto sino ai giorni nostri, risalente a circa il 1500 a.C., parla di un metodo diagnostico e di un trattamento per un caso di distorsione vertebrale.
Viene spesso definita come un’epidemia silente per la sua crescente incidenza nella popolazione adulta:
- E’ il disturbo più diffuso nei Paesi industrializzati.
- Il 92% della popolazione adulta ne soffre almeno una volta nell’arco della vita.
- È la causa più frequente di disabilità per gli under 45.
- Costringe ogni anno il 4% dei lavoratori a cambiare occupazione.
- Solo nel 2013 è costata per il S.S.N. britannico 700 milioni di euro.
- E’ la seconda causa di dolore dopo il mal di testa e rappresenta una tra le prime dieci priorità del piano sanitario nazionale.
- E’ il disturbo muscolo-scheletrico più comune che viene visto nei reparti di emergenza.
- E’ la ragione principale di ricorso alle visite presso i medici di base ed è la causa più rilevante di infermità lavorativa.
- E’ la principale spesa per assenza dal lavoro.
- E l’incidenza è in continuo aumento.
Nell’ arco di 4 anni (2003/2007) l’Inail ha registrato un aumento del 20% delle malattie muscolo-scheletriche tra tutte le patologie professionali denunciate, e tra quest e la lombalgia ne rappresenta il 78%.
Si parla di lombalgia per indicare un dolore che interessa il tratto lombare, o meglio quella regione anatomica posteriore del tronco limitata in alto dall’arcata costale ed in basso dalla cresta iliaca di destra e di sinistra
In senso stretto, il termine lombalgia si riferisce ad un sintomo e non ad una patologia, eppure capita spesso che il medico di base o lo specialista faccia diagnosi di lombalgia! Commettendo un errore, o meglio una tautologia, si usa cioè un sintomo, lo stesso sintomo presentato dal paziente, per formulare una diagnosi, e questo porta a una genericità d’impostazione e quindi d’intervento, che si conclude spesso con un fallimento terapeutico.
È una diagnosi dire lombalgia da artrosi interapofisaria, oppure lombalgia da spasmo muscolare ed ernia discale.
Molte scuole di pensiero oggi tendono ad inquadrare sotto il nome di lombalgia aspecifica o comune, similmente alla
definizione anglosassone di “low back pain“, quel disturbo idiopatico ricorrente con durata inferiore alle 4 settimane, caratterizzato da un quadro sintomatologico molto lieve con leggera o quasi assente limitazione funzionale ed assenza delle cosiddette ‘’red flags’’.
In questi casi si evitano approfondimenti diagnostici dal momento che meno dell‘12% degli esami di imaging identificano chiaramente la causa del dolore oltre al fatto che la diagnostica per immagini può anche rilevare anomalie innocue ed asintomatiche, incoraggiando i pazienti a richiedere ulteriori inutili esami e a destare false preoccupazioni.
Esistono più meccanismi etiopatogenici che possono provocare una algia lombare:
L’ Acta(American Phisical Therapy Association) in uno studio condotta dal 2011 al 2013 ha individuato ben 961 cause di dolore lombare.
Il dolore lombare non può essere solo scaturito da una problematica che interessa solo le strutture muscoloarticolari.
Una piccola percentuale delle lombalgie può essere anche di origine viscerale (pancreatite, colicistite..), ovvero di Sindromi Algiche Riferite, ma anche di patologie sistemiche (infezioni, disturbi reumatici…).
A seconda della durata con la quale si manifesta il disturbo, si suole suddividere la lombalgia in:
- acuta se ha una durata inferiore delle 4 settimane;
- sub-acuta dalle 4 settimane ai 3 mesi;
- se i sintomi si protraggono oltre i tre mesi si parla di lombalgia cronica;
- ricorrente qualora si manifestino episodi acuti di durata inferiore alle 4 settimane e si ripresentano dopo un periodo di benessere.
Quando il disturbo si cronicizza superando la durata dei tre mesi, accade spesso che sopra alla lesione iniziale, si sono sovrapposti altre difficoltà fisiche, cui si sono aggiunte complicazioni psicologiche, che sono ulteriormente peggiorate per tutta una serie di difficoltà sul versante sociale, della vita quotidiana. In questi casi la lombalgia cronica viene infatti definito una patologia bio-psico-sociale, ossia una patologia in cui si intersecano componenti biologiche, psicologiche e sociali.
Le forme di lombalgia più frequenti sono sicuramente le disfunzioni muscolo-scheletriche, che includono un’ampia varietà di condizioni infiammatorie e degenerative che interessano i complessi miofasciali (contratture, stirameni, strappi, distrazioni, tender spot, trigger point) e articolari che interessano le strutture capsulari, legamentose, osteoperiostee, ma soprattutto i dischi intervertebrali;
È possibile individuare più fattori che possono predisporre ad una sofferenza lombare:
Costituzionali:
- Patrimonio genetico.
- Età: > rischio tra i 25 e i 55 anni.
- Sesso: > rischio nel sesso maschile.
- Statura > rischio nelle persone alte.
- Dimensione del canale spinale: > rischio se è stretto.
Posturali
- Atteggiamento rilassato.
- Alterazione della lordosi fisiologica (iperlordosi, rettilineizzazione ecc.).
- Squilibrio frontale (asimmetria del bacino, scoliosi).
- Diversi paramorfismi e dismorfismi.
Stile di vita:
- Fumo
- Sedentarietà e sovrappeso.
- Scarsa condizione fisica o condizione fisica insufficiente a sostenere sforzi pesanti o lunghi periodi in posizioni statiche del rachide.
- Alcune attività sportive o ricreative che possono causare microtraumatismi ripetuti come contraccolpi (equitazione, motocross),rotazioni violente e forzate (golf, tennis), flessioni ed estensioni ripetute (ginnastica artistica, nuoto a delfino ecc.).
- Alcuni fattori psicologici, connessi al disagio personale o professionale.
Occupazionali:
- Postura seduta protratta, particolarmente la guida di automezzi.
- Postura eretta protratta, soprattutto se associata a flessione del tronco.
- La movimentazione dei carichi e frequenti sollevamenti, particolarmente se in flessione e rotazione contemporanee.
- Particolari condizioni della vita: durante la gravidanza, per esempio, manifesta il dolore alla schiena il 24% delle donne che hanno avuto almeno un episodio di lombalgia precedente.
A tutto ciò va aggiunto che la stessa evoluzione filogenetica dell’uomo che ha comportato Il passaggio dalla posizione quadrupedica a quella eretta ha determinato uno spostamento delle linee di forza sulla colonna vertebrale, e in particolare a carico delle lordosi, che si sono dovute rettificare causando uno spostamento posteriore dei dischi inter-vertebrali;
All’evoluzione è seguita una involuzione : oggi l’homo non è più erectus, ma spesso “sedutus”; posizione che, come vedremo dopo, sovraccarica ancora di più il tratto lombare.
Inoltre alla particolare e complessa anatomia della colonna è richiesta una triplice funzione: protezione del midollo spinale inserito nella sua cavità assiale; sostegno del peso corporeo e dei carichi che ad esso sono trasferiti nell’uso quotidiano degli arti superiori; possibilità di mobilità flesso-torsionale del tronco. Requisiti che nel complesso sono indubbiamente di difficile conciliazione.
Tra tutte le forme dolorose di natura muscolo scheletrica, quelle più invalidanti, sia per durata che per limitazione funzionale, sono sicuramente quelle a carico della porzione articolare del tratto lombare e soprattutto a carico dei dischi intervertebrali. Si parla quindi di discopatie che possono essere distinte in forme reversibili (dislocazione, bulging o protrusione) o irreversibili (ernia estrusa o sequestrata).
I dischi intervertebrali sono strutture fibrocartilaginee flessibili, che si interpongono tra i corpi delle vertebre.
Nei soggetti giovani costituiscono il 25% dell’altezza dell’intera colonna, percentuale diminuisce sensibilmente col passare degli anni.
La parte centrale del disco, chiamata nucleo polposo, ha una forma sferica e contiene una sostanza gelatinosa, composta per circa l’88% da acqua (negli anziani tale percentuale scende al di sotto del 70%).
L’anello che circonda il nucleo polposo è formato da una serie di fasci fibrosi concentrici che impediscono che le forze gravanti sulla colonna causino la fuoriuscita del nucleo.
Durante le varie sollecitazioni vertebrali il nucleo polposo funge da ammortizzatore, distribuendo i carichi all’anello fibroso.
Queste continue compressioni riducono il suo contenuto idrico, con conseguente disidratazione e perdita di spessore. Durante la notte, non subendo forze importanti, i nuclei polposi si reidratano per osmosi, riacquistando lo spessore originale per un aumento dell’altezza di 1/2 cm, causando una messa in tensione di tutte le strutture della schiena.
Ciò spiega perché al mattino la nostra schiena è più delicata e perché la maggior parte dei mal di schiena comincia proprio in questo periodo della giornata, quando conviene fare più precauzione sia con gli sforzi che con le posizioni scorrette.
Bisogna dire che la resistenza in compressione del disco intervertebrale supera la resistenza del corpo vertebrale osseo, infatti mentre il disco intervertebrale resiste sui singoli carichi anche fino a 550 Kg, la vertebra superati i 450 Kg frattura.
Però è il disco che, essendo però una struttura fibrocartilaginea, va incontro a lesioni progressive da fatica a seguito di carichi cumulativi inferiori al carico di rottura o a seguito di carichi mantenuti nel tempo. Queste lesioni consistono in delle vere e proprie fissurazioni all’interno dell’anulus, specie nella sua porzione posteriore, più sottile e meno robusta, con conseguente penetrazione e fuoriuscita del materiale nucleare ed interessamento delle strutture adiacenti ed in primis il legamento longitudinale posteriore che a differenza dell’anulus è ricco di terminazioni nervose e rappresenta il primum momens doloroso.
L’assenza nel disco di innervazione nocicettiva, se da un lato consente di muoversi senza provare dolore, dall’altro non permette di accorgersi delle degenerazioni discali se non quando il quadro è diventato sufficientemente grave, anche se alcuni studi hanno riscontrato che la rigenerazione del tessuto fibroso che segue una lacerazione dell’anulus è spesso accompagnata da una nuova innervazione che coinvolge solo l’area della fissurazione come meccanismo di difesa di una futura recidiva.
Se la progressione della lesione discale nella zona postero-laterale supera il legamento longitudinale posteriore, può andare a comprimere direttamente le radici nervose che rispondono, allora, all’irritazione con una reazione infiammatoria; di conseguenza, il dolore si propaga in tutto il territorio corrispondente ai filamenti nervosi coinvolti.
A livello lombare, per esempio, è tipica l’irritazione del nervo sciatico e del nervo crurale.
Sul tratto lombare grava una buona parte del peso corporeo e dei carichi che ad esso sono trasferiti nell’uso quotidiano degli arti superiori.
Quest’immagine dimostra indirettamente con quale entità il sollevamento di un peso per mezzo degli arti grava sul tratto lombare.
I quadratini indicano i pesi massimi sollevabili… in condizioni di sicurezza per i dischi intervertebrali oltre i quali questi sono a rischio di lesione!
Vediamo come a distanza di mezzo metro o poco più dalla base podalica un peso massimo ammissibile è di 5 kg che, se sollevato in maniera corretta grava sui dischi intervertebrali lombari con un carico di 127 Kg.
Nell’immagine sottostante si può vedere come la sola postura del corpo mette in tensione il disco intervertebrale.In posizione supina con un cuscino sotto le gambe e quindi l’annullamento della lordosi lombare il disco è sottoposto ad una compressione di soli 27 kg.
Da qui, l’importanza dell’ergonomia posturale, dell’educare il soggetto a saper gestire la propria colonna, a sapersi muovere in sicurezza evitando il sovraccarico funzionale e salvaguardando così il tratto lombare.
Riconoscere al paziente un ruolo attivo, renderlo protagonista e collaborante per la buona riuscita di qualsiasi trattamento informandolo su quali sono le posture corrette da utilizzare durante la movimentazione manuale dei carichi.
Un altro aspetto importante nella prevenzione del dolore lombare è la cosiddetta core stability
Il termine Core, in italiano NUCLEO, identifica il centro funzionale del corpo umano o meglio quel complesso muscolare che ha la funzione “link”, ovvero di collegamento, tra arti inferiori e arti superiori.
Fanno parte del Core non soltanto i muscoli addominali (retto dell’addome, obliqui e trasverso) ma anche i muscoli paraspinali, quadrato dei lombi, i muscoli del pavimento pelvico, glutei e flessori dell’anca.
Nel loro insieme svolgono una funzione di stabilizzazione, trasferisce quindi le forze dalla parte bassa alla parte alta del corpo e viceversa.
La capacità di mantenere un’adeguata stabilità funzionale ed un buon controllo neuromuscolare di questa regione, prende il nome di core stability.
Tale controllo ha un ruolo primario nella prevenzione e nel recupero di patologie muscolo/scheletriche, nel controllo della postura ma anche nel miglioramento della performance sportiva, oltre a rendere quei movimenti ergonomici sopracitati più semplici ed economici da eseguire.
Infatti un buon tono dei muscoli del Core comporta, durante uno sforzo, un aumento della pressione intraddominale e conseguentemente un riduzione fino al 30% delle forze di compressione intradiscali.
Un approccio terapeutico adeguato alla Lombalgia, è un approccio che deve prendere in considerazione una buona diagnosi differenziale, che in alcuni casi necessita della umile collaborazione tra diversi professionisti!
Dovrà essere stilato un piano terapeutico adeguato e personalizzato che tenga conto della forma di lombalgia e del completo quadro clinico.
Nelle forme acute l’approccio terapeutico sarà spesso sia farmacologico che fisioterapico.
Nelle sindromi croniche sarà prevalentemente fisioterapico, ma, in rari casi, anche chirurgico!
L’approccio fisioterapico si avvarrà di diverse tecniche, metodiche, strumenti:
- Tecar-Terapia
- Onde D’Urto Radiali
- Laser-Terapia ND: Yag
- Ultrasuoni-Terapia
- Elettroterapia Antalgica
- Magneto-Terapia
- Myofascial Manipulation and Release
- Terapia Osteopatica Posturale
Nella visione di Fisioiama l’approccio al paziente sarà di tipo globale e scandito in due principali processi:
- la prima fase sarà la terapia della disfunzione locale e recupero del dolore;
- la seconda fase consisterà nella ricerca delle cause primarie. Sarà, quindi, rivolta alla reale cura del problema, in quanto trattare il sintomo (dolore) non è la vera cura (prevenire le ricadute o altri episodi di lombalgia). Tale fase prevede, spesso, un approccio posturale secondo diversi metodi di Rieducazione Posturale Globale (metodo Mezieres, Souchard, Tre Squadre).
La frequenza di queste terapie varia in base alla fase iniziale e dalla eventuale cronicità del problema. La prima fase andrebbe fatta almeno 2-3 volte a settimana, mentre la rieducazione posturale 1 volta a settimana tassativamente! Spesso si sente parlare di posturale di gruppo, o sedute in palestra: queste non sono posturali, ma ginnastiche dolci, spacciate per posturali! Va quindi approntato un protocollo personalizzato perché come abbiamo potuto vedere, ogni lombalgia ha una storia a se, e la causa non può essere curata in maniera generica.
La nostra missione è il benessere dei nostri pazienti. Fisioiama.