Quante volte sentiamo dire questa frase: “Ho la Cervicale!”. Il termine cervicale, in realtà, descrive il tratto craniale della colonna vertebrale (le prime sette vertebre cervicali c1-c7).
Si parla invece di cervicalgia per indicare un quadro clinico più o meno complesso dominato da sintomatologia dolorosa localizzata a livello cervicale, ma che può estendersi fino alla testa ed alle braccia. Per questo motivo è stato possibile individuare tre tipi distinti di cervicalgia:
- Cervicalgia vera: la sintomatologia dolorosa è localizzata essenzialmente a livello della nuca e del collo.
- Sindrome cervico-cefalica: caratterizzata da cefalea, vertigini, acufeni (disturbi dell’udito), della vista e, talvolta, anche da disfagia (alterato meccanismo della deglutizione).
- Sindrome cervico-brachiale: determinata da un interessamento delle radici nervose con probabile meccanismo discale (derangement posteriore o postero-laterale; protrusione, boulging, ernia), o “neurocompressivo periferico” in cui il dolore, oltre che riguardare la regione della nuca ed il braccio, può arrivare nei casi più gravi sino alla mano(brachialgia).
La cervicalgia non è una malattia, è un sintomo. Significa infatti semplicemente dolore cervicale. E allora quali sono le cause? Il principale imputato è purtroppo il nostro stile di vita: chi soffre di cervicalgia e sue recidive infatti sottopone il proprio rachide cervicale a delle richieste funzionali non adeguate, producendo stress meccanici ripetuti (ad esempio in flessione) sui dischi, sulle faccette articolari e sulle articolazioni zigapofisarie decretando a volte una progressiva riduzione della curva fisiologica a questo livello (lordosi) fino, nei casi più gravi, alla rettilineizzazione.
L’esempio classico è il mantenimento di una postura fissa in flessione davanti al monitor di un computer e degli innumerevoli casi di cervicalgia risolti semplicemente alzando lo schermo del Pc. Alcuni validi consigli in questo contesto possono essere quelli di mantenere, durante le ore di lavoro al computer, il monitor ad una distanza dagli occhi di circa 50-70 cm e regolarlo in altezza in modo tale che si trovi esattamente sulla linea dello sguardo. Molte persone infatti lo tengono troppo in basso rispetto agli occhi stressando il rachide in flessione. Occorre anche ottimizzarne la visione regolando colore, contrasto, luminosità ed eliminando eventuali riflessi. Per quello che riguarda il mouse invece, è bene ricordare che quest’ultimo dovrebbe essere posizionato vicino alla tastiera, inoltre è molto importante che tutto l’avambraccio appoggi sul piano di lavoro, in modo tale da evitare tensioni prolungate a carico dei muscoli trapezi responsabili molto spesso di sindromi miotensive che proiettano il dolore all’emifaccia nucale omolaterale al trapezio coinvolto.
La sedentarietà e le posture scorrette non sono tuttavia le uniche responsabili dell’insorgenza della cervicalgia: quest’ultima infatti può essere anche di origine traumatica indiretta, come ad esempio nel “colpo di frusta”, ossia il trauma distorsivo del rachide cervicale di più comune riscontro tra gli atleti e tra i guidatori (a causa di incidenti).
L’immobilità prolungata o un sovraccarico funzionale eccessivo, portano ad una contrattura antalgica della muscolatura del collo e tipicamente dei muscoli trapezi (fibre medie e ascendenti in particolare). Ciò che anatomicamente accade è che si formano delle contratture all’interno delle quali zone muscolari particolarmente tese e dolenti densificano letteralmente: questi punti vengono detti Trigger Point (TP) ossia punti grilletto. A volte accade anche il contrario, ossia che senza sovraccarichi funzionali di sorta si formino comunque dei TP (pensiamo ad esempio ad un colpo di vento) e che poi questi diano il via ad un processo a cascata che genera per percorso inverso la sindrome algica a carico della cervicale. Esistono dei TP attivi e dei TP latenti: i primi producono dolore anche senza sollecitazione alla palpazione, i secondi solo se stimolati dall’operatore. Questi ultimi possono attivarsi in qualsiasi momento il paziente compia manovre che vadano a sovraccaricare il muscolo oppure stress meccanici ripetuti o anche semplici colpi di vento o di freddo.
Questa denominazione TP è dovuta al fatto che queste zone densificate e di forte contrattura, “sparano” ossia proiettano il dolore ad una certa distanza, trigger infatti significa grilletto, il che giustifica l’analogia con il proiettile che viene sparato grazie all’utilizzo del grilletto, ma che colpisce un bersaglio posto ad una certa distanza da quest’ultimo. I TP possono essere inattivati, fornendo al paziente un immediato sollievo, grazie ad un intelligente e moderato approccio integrato di terapia strumentale e manuale:
- Myofascial Manipulation and Release
- Terapia Osteopatica Posturale
- Tecar-Terapia
- Onde D’Urto Radiali
- Laser-Terapia ND: Yag
- Ultrasuoni-Terapia
- Elettroterapia Antalgica
- Magneto-Terapia
L’applicazione di una terapia fisica ben condotta può portare, in poche sedute, alla completa risoluzione dei TP attivi. E’ chiaro però, che debbono contestualmente essere eliminate le cause scatenanti la formazione di TP attivi. Susseguirà, quindi, una seconda fase in cui si ricercheranno le cause nello stile di vita, nelle attività di vita quotidiana, lavorative o sportive che siano. Si valuterà lo schema posturale e funzionale proprio del soggetto ma anche le posture viziate notturne e diurne, specifiche delle sue attività.
Nella visione di Fisioiama l’approccio al paziente sarà di tipo globale e scandito in due principali processi: la prima fase sarà la terapia della disfunzione locale e recupero del dolore; la seconda fase consisterà nella ricerca delle cause primarie e la loro risoluzione. Il nostra missione è il benessere dei nostri pazienti.